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Arie per Carlo Broschi Farinelli. Partiture con riduzione per clavicembalo (o pianoforte). Seconda Serie n. 5 - Associazione Clavicembalistica Bolognese

Prefazione di Carlo Vitali.

Copertina del libro
€ 30,00
Versione stampata

ASSOCIAZIONE CLAVICEMBALISTICA BOLOGNESE Ministero per i Beni e le Attività Culturali Collana editoriale fondata da Paola Bernardi diretta da Maria Pia Jacoboni Neri In collaborazione con il Centro Studi Farinelli di Bologna In 4°, 89 pp.
PREFAZIONE _ TRE VOLTI DI FARINELLI Il compositore Inter Flores. “Farinelli fu anche distinto scrittore di musica”, affermava Leopoldo Mastrigli un secolo dopo la morte del sommo cantore. 1 Questa fama, tramandatasi sulla base di vari accenni nel carteggio metastasiano e verificata nell’ultimo ventennio da alcune registrazioni discografiche, sembra ricevere nuovo alimento dalle odierne ricerche d’archivio. La documentata frequenza di Farinelli al santuario mariano di Loreto 2 - e la stretta consuetudine col francescano bolognese Giovanni Battista Martini negli anni successivi al ritorno dalla Spagna - potrebbero giustificare il possesso di un suo mottetto da parte dei frati conventuali della vicina Assisi, o come frutto di collezionismo, o magari come dono diretto. Virtuosi anche meno devoti del Broschi erano soliti esibirsi, con la tolleranza non sempre incondizionata delle autorità ecclesiastiche, nell’esecuzione di mottetti solistici in un gran numero d’occasioni liturgiche: Messe, Vespri, Quaranta Ore, Tridui, Esposizioni del Santissimo; 3 ed in effetti il testo del presente brano, nel consueto latinetto anfibio che arieggia al gergo della cantata profana o del libretto d’opera, appare connesso alla devozione eucaristica. La forma musicale è relativamente la meno comune nella ricca produzione coeva (ad esempio quella veneziana, la meglio documentata): ad un’aria in tempo moderato e in La maggiore seguono un breve recitativo ed un’aria lenta in do minore; indi l’Alleluja in tonalità d’impianto e in un incalzante 12/8 di sapore napoletano. A sostegno dell’attribuzione stanno la chiave di soprano e la grafia del testo cantato, che presenta forti somiglianze con quella di Farinelli nei primi anni Sessanta, 4 una datazione peraltro non incompatibile con lo stile musicale. Contro starebbe l’ambito limitato della linea vocale: circa un’ottava e una quinta. In ipotesi si potrebbe invocare la decadenza di un cantante ormai anziano, ma non è escluso nemmeno che il brano fosse destinato ad altro soprano di buona agilità sebbene di mezzi più limitati. Nello stesso fondo il MS del mottetto In turbato mare irato 5 porta l’attribuzione al celebre virtuoso bolognese Annibale Pio Fabri (1697-1760), collega e amico di Farinelli. Ma il Fabri era tenore, mentre il mottetto che si assume da lui composto è anch’esso in chiave di soprano. Fonte della presente edizione: Inter flores/ Partitura/ Motetto Canto solo/ con V.V.[iolini]/ Del Sig.r Farinello. Assisi, Biblioteca del Sacro Convento di San Francesco, Mss. N. 166/4 (partitura e parti). M’offendi e pur conviene. Non si conosce la fonte del testo; potrebbe trattarsi di un’arietta da camera isolata per voce di tenore. Largo sentimentale di squisita fattura con da-capo abbreviato, trasmesso in una copia accurata e ricca d’indicazioni dinamiche ma con un semplice basso albertino non numerato. Anche qui una datazione attendibile potrebbe collocarsi negli anni Sessanta del XVIII secolo o poco dopo. L’ambito vocale non è molto ampio e la tessitura tende all’acuto; si richiedono discrete doti di agilità. Fonte della presente edizione: Del Sig.r Carlo Broschi. Roma, Bibliomediateca dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, A.Ms. 3709.26 Al culmine della gloria teatrale: Artaserse e Idaspe Entrambe le opere sono ambientate a Susa, capitale dell’impero persiano, durante il regno (465-424 a.C.) di Artaserse I “Longimano”, figlio e successore di quel Serse la cui figura fu sceneggiata tante volte nei secoli, da Eschilo fino a Händel; in entrambe compare una bella principessa Mandane innamorata di Farinelli. Quella dell’Artaserse è però sorella del re ed “amante” di Arbace, mentre nell’Idaspe è la figlia del Re di 1 Gli uomini illustri nella musica, Torino, Paravia, 1883, p. 143. 2 “Ne’ molti viaggi, che egli fece in gioventù per l’Italia, non declinò mai dalla strada, che potevalo portare al Santuario di Loreto. […] Tornato di Spagna visitò di nuovo la S. Casa, fece dono di preziosi arredi e vi fondò 12 Messe […]” (Giovenale Sacchi, Vita del Cavaliere Don Carlo Broschi, Venezia, Coleti, 1784, pp. 42-43). V. anche: Carlo Broschi Farinelli, La solitudine amica (a cura di Carlo Vitali e Francesca Boris), Palermo, Sellerio, 2000: lett. 7 e p. 197. Assisi si trova appunto sullo storico itinerario Bologna-Ancona-Loreto-Terni-Roma, alternativo a quello via Firenze-Siena-Orvieto-Viterbo. I Mozart li percorsero entrambi nel 1770; il primo al ritorno, il secondo all’andata. 3 Per una dettagliata analisi delle forme poetiche e musicali connesse a questa pratica, si veda: Berthold Over, Per la Gloria di Dio: Solistische Kirchenmusik an den venezianischen Ospedali im 18. Jahrhundert, Bonn, Orpheus, 1998. 4 Cfr. la sua lettera a Padre Martini in data Natale 1761, Bologna, Museo internazionale e biblioteca della musica, Carteggi martiniani, L.117.33 5 Ivi, in duplice copia: Mss N. 162/4-5. Lo stesso testo fu musicato da Vivaldi (RV 627). VI Media, rapita da Artaserse ed “amante” di Dario. Diversa dunque la trama, benché in ultimo l’immagine trasmessa allo spettatore sia unica: una corte orientale fastosa e dispotica dove fioriscono la congiura dei satrapi, l’intrigo dell’harem e l’assassinio familiare. In tal modo le remote vicende degli Achemenidi di Persia si confondono con quelle, all’epoca assai più divulgate, degli Ottomani di Costantinopoli, gli scomodi vicini di casa della Repubblica di Venezia. Non è forse un caso se entrambe le opere andarono in scena l’una dietro l’altra al San Giovanni Grisostomo, il teatro più elegante della città lagunare, nella stagione di Carnevale del 1730 e con la stessa compagnia. Da cinque anni Persia e Turchia erano in guerra fra loro; il sollievo per la tregua concessa alla Cristianità esaltava il brivido dell’esotismo. L’Artaserse del 1730 aprì un nuovo corso nella storia dell'opera italiana, rivelando al pubblico veneziano - come a dire all’Europa intera - il genio interpretativo di Farinelli. 6 Quello di Arbace divenne per lui un signature role, ripreso più volte col ricorso alla tecnica del pasticcio e delle “arie da baule”: a Lucca nell’estate del 1730, poi a Ferrara (1731, musica di Leonardo Vinci e altri), a Venezia nel 1733-34 (ancora Hasse), a Londra nel 1734-35 (Hasse-Riccardo Broschi e altri). Parto qual pastorello. Dall’Artaserse di Johann Adolph Hasse, libretto di Pietro Metastasio modificato da Giovanni Boldoni: atto III, scena 2. L’aria di Boldoni sostituisce l’originale “L’onda dal mar divisa”, in III/1. Pateticissima “aria di catene” che Millner classifica tra le più celebri dell’intero Settecento; 7 si sviluppa in un radioso Re maggiore lungo un’estensione di oltre due ottave e con abbondanti passaggi di agilità. Farinelli-Arbace, condannato a morte da Artaserse, si vede offrire da lui le chiavi del carcere; conscio della propria innocenza, rifiuta dapprima la grazia, ma dopo molti dubbi risolve infine di accettare. Fonte della presente edizione: Sig.re Carlo Broschi d.[ett]o Farinello. Parto qual pastorello. Aria del Sig.r Gio: Adolfo Hasse. Bologna, Museo internazionale e Biblioteca della musica, FF 244 (antologia MS di arie dello stesso autore) Qual guerriero in campo armato. Dall’Idaspe di Riccardo Broschi, libretto di Domenico Lalli da Gli amanti generosi di Giovanni Pietro Candi (Napoli 1705, con musica di Francesco Mancini). Atto I, scena 16.a e ultima. Amante e guerriero, Farinelli-Dario rivendica per sé la bella Mandane, richiesta in sposa da Artaserse. Aria “di sdegno” e di bravura, irta di salti di registro estesi per oltre due ottave con lunghissimi vocalizzi di semicrome. Come testimonianza della fortuna critica di quest’aria può valere la sua inclusione nel pasticcio Il Tamerlano, musica di Vivaldi ed altri, rappresentato al Teatro Filarmonico di Verona nel 1735 (atto I / scena 9, parte di Irene). 8 Fonte della presente edizione: Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Ms.18281 (partitura completa dell’opera). Ombra fedele anch’io. Dall’Idaspe: atto II, scena 11. Dario, che a torto si crede tradito da Mandane, desidera la morte. Aria patetica in tempo lento; prevalgono lo stile legato e la tessitura bassa (l’originale è annotato in chiave di contralto). Fonte della presente edizione: Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Ms. 18281 (partitura completa dell’opera). Dal baule madrileno Invan ti chiamo, invan ti cerco-Al dolor che vo sfogando. Nel 1753 Farinelli spediva a Vienna una sontuosa antologia di sei brani manoscritti che rappresentavano il fior fiore del suo repertorio; non tanto le arie da baule che tutti i virtuosi si portavano dietro nelle loro peregrinazioni teatrali, ma “una piccola scelta di quelle Ariette, che per una serie non interrotta di molti anni anno servito in bocca mia al privato sollievo di questi adorabili Sovrani miei Clementissimi Benefattori”, cioè la famiglia reale di Spagna: in particolare il 6 V. Elvidio Surian, “Metastasio, i nuovi cantanti e il nuovo stile: verso il classicismo. Osservazioni sull'Artaserse di Hasse”, in Venezia e il melodramma del Settecento, Firenze, Olschki, 1988. 7 Fredrick Millner, The Operas of Johann Adolf Hasse, [Ann Arbor], UMI Research Press, p. 289, n. 25. Il giudizio trova riscontro nell’abbondante diffusione manoscritta del brano anche come aria staccata, variamente riportabile ad una delle quattro versioni dell’opera di Hasse, la quale conobbe una lunghissima fortuna esecutiva in tutt’Europa (un ampio rifacimento autografo di provenienza napoletana, databile al 1760, si conserva nella Biblioteca del Conservatorio “Verdi” di Milano, Part. tr. ms 171). 8 Una versione con piccole varianti musicali e l’incipit “Di costanza il core armato” si conserva a Bologna, Museo internazionale e biblioteca della musica, miscellanea manoscritta DD57, c. 127 sgg. Vedila pubblicata, con integrazioni alle parti strumentali mancanti, in: Arie di Farinelli (a cura di Maria Pia Jacoboni), Bologna, Bongiovanni, 1997, p. 10 - cui si rimanda per ulteriori informazioni. VII demente Filippo V di Borbone (dal 1737 al 1746), poi Ferdinando VI e la sua consorte Maria Barbara di Braganza, fini intenditori di musica. Come mediatore e garante dell’operazione promozionale, la dedica 9 evoca Cristoforo Antonio Migazzi von Waal und Sonnenthurn (1714-1803), un nobile trentino qui non ancora al culmine di una luminosa carriera ecclesiastica che lo condurrà alla cattedra arcivescovile di Vienna e alla porpora cardinalizia. All’epoca, nominato da Francesco I d’Asburgo-Lorena su segnalazione della moglie Maria Teresa, monsignor Migazzi era ambasciatore dell’Impero a Madrid. Metastasio dava notizia a Farinelli della di lui recente partenza per la Spagna in una lettera del 18 febbraio 1752, raccomandandoglielo caldamente come “cavaliere di particolari talenti, obbligantissimo, ed in gran credito appresso i miei sovrani”. La presentazione metastasiana non getta luce su un piccolo problema storiografico: destinatario dell’omaggio musicale sarà stato il marito o la moglie? Infatti il titolo unisex di “Sacra Reale Cesarea Maestà” potrebbe alludere ugualmente ad un imperatore o un’imperatrice. 10 Questione di natura più sostanziale è la paternità delle musiche, ed il ruolo che nella loro composizione (o meglio: arrangiamento secondo i criteri illustrati nella stessa dedica) avrebbe svolto Farinelli. Qualche studioso ha voluto affermare l’integrale paternità farinelliana per quattro dei sei brani, quelli il cui autore non è desumibile da altre fonti. È il caso del n. 2, una scena costituita da un recitativo accompagnato altamente drammatico e da un’aria di limitata estensione, ma traboccante di effetti virtuosistici come legati, trilli, effetti d’eco, progressioni intervallari. Notiamo tuttavia che l’incipit testuale corrisponde ad un’aria della Sabrina, opera-pasticcio su libretto di Paolo Rolli rappresentata al Teatro Haymarket di Londra nell’aprile del 1737. Nel silenzio del libretto a stampa, non è facile stabilire quale ruolo v’interpretasse Farinelli, la stella della compagnia, né chi fossero gli autori delle arie. Non è escluso qualche intervento del veneziano Giovanni Battista Pescetti, all’epoca direttore musicale prima del Covent Garden, e poi dello Haymarket in sostituzione di Porpora. Fonte della presente edizione: Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Ms. 19111. Carlo Vitali